Dave Isay: Ogni persona intorno a voi ha una storia che il mondo deve conoscere
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Dave Isay: Ogni persona intorno a voi ha una storia che il mondo deve conoscere
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Nel 2003, Dave Isay ha aperto la sua prima struttura StoryCorps a New York, nel Grand Central Terminal, con l'intenzione di creare un luogo tranquillo dove poter onorare, ascoltando la sua storia, qualcuno di importante per noi. Da allora StoryCorps si è evoluto nella più grande raccolta di voci umane mai registrata. Il suo desiderio per il TEDPrize: far crescere il suo archivio globale della saggezza collettiva dell'umanità. Ascoltate il suo progetto di portare StoryCorps nel mondo — e come potete prenderne parte intervistando qualcuno con la nuova app StoryCorps. Oggi cercherò di dimostrarvi che invitare una persona cara, un amico o addirittura uno sconosciuto a registrare un'intervista significativa con voi potrebbe rivelarsi uno dei momenti più importanti della sua vita, e della vostra. Quando avevo 22 anni, ho avuto la fortuna di scoprire la mia vocazione scrivendo storie per la radio. E quasi nello stesso periodo, scoprii che mio padre, al quale ero molto, molto affezionato, era gay. La cosa mi sbalordì. Eravamo una famiglia molto stretta, ed ero distrutto. Durante una delle nostre tese conversazioni, mio padre si mise a parlare delle rivolte di Stonewall. Mi disse che una sera, nel 1969, un gruppo di giovani drag queen, nere e sudamericane si ribellò alla polizia in un bar gay di Manhattan chiamato Stonewall Inn, e quella rivolta accese il moderno movimento per i diritti dei gay. Era una storia sorprendente, che accese il mio interesse. Così decisi di accendere il mio registratore e scoprirne di più. Con l'aiuto di un giovane archivista, di nome Michael Shirker,elencammo tutte le persone rintracciate che erano state allo Stonewall Inn quella sera. Registrando queste interviste, notai come il microfono mi desse il permesso di andare in luoghi dove altrimenti non sarei mai stato e parlare con persone con cui altrimenti non avrei mai parlato. Ho avuto il privilegio di conoscere alcune delle persone più sorprendenti, fiere e coraggiose che io abbia mai incontrato. Era la prima volta che i fatti di Stonewell finivano sui media nazionali. Ho dedicato il programma a mio padre, e ha cambiato la mia relazione con lui, oltre alla mia vita. Nei 15 anni successivi, ho fatto molti altri documentari per la radio, cercando di dare visibilità a chi raramente viene ascoltato dai media. Una storia dopo l'altra, vedevo come il semplice fatto di essere intervistati significasse così tanto per loro,soprattutto a coloro cui era stato detto che le loro storie non importavano. Vedevo letteralmente la loro schiena raddrizzarsi mentre iniziavano a parlare nel microfono. Nel 1998, ho fatto un documentario sugli ultimi hotel-baracche sulla Bowery Street di Manhattan. Alcune persone ci vivevano da decenni.Vivevano in capsule grandi come una cella, divise da reti per pollaio per non farti saltare da una stanza all'altra. In seguito, scrissi un libro sui soggetti del fotografo Harvey Wang. Ricordo di essere entrato in un alloggio con una bozza del libro e di aver mostrato a un residente la pagina su di lui. Lui la fissò in silenzio, poi mi strappò il libro di mano e iniziò a correre per il lungo, stretto corridoio col libro sulla testa,gridando, "Io esisto! Io esisto!" (Applausi) Sotto molti aspetti, "Io esisto" fu lo squillo di tromba per StoryCorps, la folle idea che ho avuto una dozzina di anni fa. Volevo prendere il documentario classicoe stravolgerne le forme. Tradizionalmente, nei documentari si registrano interviste per creare un'opera d'arte, o di intrattenimento, o educativa, destinata ad essere vista o ascoltata da molte persone, ma io volevo provare a rendere l'intervista stessa lo scopo del lavoro, e a dare a più persone possibili l'opportunità di essere ascoltata in questo modo. 11 anni fa, quindi, a Grand Central Terminal,costruimmo una struttura dove chiunque può venire a omaggiare qualcun altro intervistandolo sulla sua vita. Arrivi in questa struttura e vieni accolto da un facilitatore. Ti siedi insieme a tuo nonno, per esempioper quasi un'ora, dove tu ascolti e parli. Per molti l'atteggiamento è: se questa fosse la nostra ultima conversazione, che cosa vorrei chiedere, e dire, a questa persona che significa così tanto per me? Alla fine della sessione, uscite con una copia dell'intervista mentre un'altra copia va all'American Folklife Center alla Libreria del Congresso così i vostri bis-bis-bisnipoti un giorno potranno conoscere vostro nonno dalla sua voce e dalle sue parole. Abbiamo iniziato in uno dei luoghi più indaffarati al mondo,invitando la gente a tenere questa conversazione così personale con un'altra persona. Non sapevo se avrebbe funzionato, ma funzionò fin dall'inizio. Le persone trattavano l'esperienza con incredibile rispetto, e si son tenute incredibili conversazioni, lì dentro. Voiglio mostrarvi un solo estratto animato di un'intervista registrata in quella cabina originale a Grand Central. Questo è il dodicenne Joshua Littman che intervista sua madre, Sarah. Josh ha la sindrome di Asperger. I bambini con l'Asperger sono incredibilmente intelligenti ma hanno difficoltà sociali. Spesso soffrono di ossessioni. Nel caso di Josh sono gli animali, e questo è Josh che parla con sua madre Sarah a Grand Central, nove anni fa. (Video) Josh Littman: Su una scala da 1 a 10, pensi che la tua vita sarebbe diversa, senza animali? Sarah Littman: penso che sarebbe 8, senza animali, perché danno così tanta gioia alla mia vita. JL: E in cos'altro pensi che sarebbe diversa? SL: Be', potrei fare a meno di blatte e serpenti. JL: Be', a me i serpenti vanno bene finché non sono velenosi o ti soffocano, o altro. SL: Non amo i serpenti grossi --JL: Ma la blatta è l'insetto che vogliamo odiare. SL: Sì, esattamente. JL: Hai mai pensato di non riuscire a gestire un figlio? SL: Ricordo che quando eri un bambino avevi delle bruttissime coliche, per cui piangevi e piangevi. JL: Cos'è una colica? SL: È quando hai quel mal di stomaco e non fai che gridare per, mettiamo, quattro ore. JL: Anche più forte di Amy? SL: Tu facevi un bel chiasso, ma il timbro di Amy era più alto. JL: Sembra che tutti amino Amy, ora, come se fosse un perfetto angioletto. SL: Be', posso capire perché pensi che la gente ami di più Amy, e non dico che il motivo sia la tua sindrome di Asperger, ma ad Amy viene più facile essere amichevole, mentre penso che per te sia più difficile, ma le persone che si prendono il tempo di conoscerti ti vogliono un gran bene. JL: Come Ben, o Eric, o Carlos? SL: Esatto -- JL: Ho amici di qualità migliore, ma in quantità minore? (Risate) SL: Non giudicherei la qualità, ma penso -- JL: Voglio dire, Amy voleva bene a Claudia, poi la odiava, la amava, poi la odiava. SL: È parte dell'essere una ragazza. La cosa importante per te è che hai pochi amici, ma molto buoni, ed è di questo che hai bisogno nella vita. JL: Sono riuscito a essere il figlio che volevi quando sono nato? Ho soddisfatto le tue aspettative? SL: Sei andato molto oltre, tesoro, perché sì, certo, hai queste fantasie su come un figlio deve essere, ma mi hai fatto crescere molto come madre, perché pensi -- JL: Be', ti ho reso una madre. SL: Sei stato tu a rendermi una madre. Questo è un buon punto. (Risate) Ma anche perché pensi in modo diverso da come ti dicono i manuali del buon genitore,dovevo imparare a pensare in modo diverso, con te, e questo mi ha reso un genitore e una persona molto più creativa e ti ringrazierò sempre per questo. JL: Questo ti è stato d'aiuto con Amy? JL: Mi è stato d'aiuto, ma tu sei così incredibilmente speciale per me, e sono così fortunata ad averti come figlio.(Applausi) David Isay: Quando questa storia finì in radio, Josh ricevette centinaia di lettere su quanto fosse straordinario. Sua madre, Sarah, le ha raccolte in un libro, e quando Josh divenne popolare a scuola, le lessero tutti insieme. E ora ci tengo a dirvi che i due miei eroi sono qui con me stasera. Sarah Littman e suo figlio Josh, ora uno studente universitario modello. (Applausi) Molte persone ci dicono di aver pianto sentendo le interviste di StoryCorps, e non perché fossero tristi. Di solito non lo sono. Ma perché ascoltano qualcosa di autentico e puro, in un momento storico dove è difficile distinguere la realtà dalla pubblicità. È un anti-reality, in un certo senso: nessuno arriva a StoryCorps per arricchirsi. O per diventare famoso. È un semplice atto di generosità e amore. Molte sono persone comuni che parlano di come vivono con decenza gentilezza, coraggio, e dignità, e quando ascolti questo genere di storie, la sensazione è di entrare in un luogo sacro. L'esperimento di Grand Central ha funzionato, e ci siamo espansi in tutta la nazione. Oggi più di 100.000 persone, in 50 stati, in migliaia di città e villaggi sparsi per l'America hanno registrato interviste StoryCorps. Che oggi è il più grande archivio di voci umane mai raccolto. (Applausi) Abbiamo formato e assunto centinaia di facilitatori che aiutassero a guidare le persone in questa esperienza. Molti si dedicano a StoryCorps per un anno o due girando la nazione, raccogliendo la saggezza dell'umanità. La chiamano "dare una testimonianza", e se lo chiedete a loro, tutti i facilitatori vi diranno che la cosa più importante che hanno imparato da queste interviste è che le persone sono essenzialmente buone. Nei primi anni di StoryCorps avreste potuto obiettare che gli intervistati non rappresentavano tutti noi: ma dopo decine di migliaia di interviste a ogni tipo di persona in ogni parte del Paese -- ricchi, poveri, dai 5 ai 105 anni di età, in 80 lingue diverse, di ogni spettro politico -- accettiamo forse che queste persone hanno rivelato qualcosa di grande. Anch'io ho imparato molto da queste interviste. Ho imparato a trovare poesia, saggezza e grazia nelle parole delle persone attorno a noi quando ci prendiamo il tempo di ascoltarle, come questa intervista tra un addetto alle scommesse di Brooklyn, di nome Danny Perasa, che ha portato sua moglie Annie a StoryCorps per dirle quanto l'amava. (Audio) Danny Perasa: Il